martedì 4 novembre 2014

Stieg Larsson

Contro il nero del Nord.
Il giornalista che scrisse romanzi



L’autore dell’acclamata trilogia di Millennium, pietra miliare del filone scandinavo che ha rinnovato il thriller letterario, non aveva smesso di esercitare il mestiere di giornalista. Coi suoi romanzi – dei quali non prevedeva lo strepitoso successo – voleva comunque assicurarsi «la pensione» (sono parole sue). Stieg Larsson non fece in tempo a diventare ricco grazie ai milioni di copie vendute. Il 9 novembre di dieci anni fa, a Stoccolma, salì di corsa fino al quinto piano del palazzo senza ascensore dove aveva sede la rivista per cui lavorava, «Expo», e subito si accasciò colpito mortalmente da un attacco cardiaco.
Il giallista cinquantenne aveva appena consegnato all’editore i manoscritti dei suoi tre romanzi. Inoltre aveva abbozzato un progetto per altri sette volumi di un ciclo complessivo di dieci, e sviluppato materiali per i volumi quarto e quinto. Un lascito promettente che, al di là delle controversie di eredità tuttora in corso, ha consentito all’editore svedese di affidare a un altro scrittore la stesura di un quarto romanzo, la cui uscita è preannunciata per l’estate 2015.
Molti lettori hanno ammirato l’innovativa protagonista delle storie di Larsson, la detective free lance e disadattata Lisbeth Salander: vittima della brutalità di un padre psicopatico, trattata dal sistema socio-educativo come un soggetto psichiatrico a rischio, è cresciuta sola e costretta a inventare le proprie autodifese quotidiane; spinosa, ribelle, apparentemente incapace di relazione e ripiegata su se stessa fino a manifestare una sintomatologia autistica, vestita da punk e tatuata, è in effetti una geniale investigatrice, una hacker provetta e una vendicatrice delle donne che subiscono violenza sessuale. Il tema è posto con impressionante vigore nel primo romanzo: Uomini che odiano le donne. Uscito nel 2005, esso è una discesa negli inferi della schiavitù sessuale, imposta soprattutto alle anonime prostitute immigrate dall’est, e del femminicidio seriale praticato da maniaci allievi del nazismo svedese d’anteguerra.
Un sottosuolo che il seguito della trilogia esplora nelle sue ramificazioni nascoste, dentro le viscere di una Svezia dall’apparenza ingannevolmente prospera, in realtà incrinata nelle sue certezze socialdemocratiche dopo l’oscuro omicidio del premier Olof Palme. Nuove povertà, immigrazione e, per converso, reati finanziari e corruzione, razzismo e neonazismo, criminalità diffusa e intrigo politico sono la materia dei romanzi di Larsson; i quali rivendicano d’altra parte la funzione critica del giornalismo d’inchiesta, delle piccole riviste indipendenti come «Millennium», che assomiglia moltissimo a «Expo» così come il giornalista Mikael Blonqvist legato a Lisbeth da una travagliata collaborazione è in qualche modo un alter ego di Stieg Larsson.
Marxista eterodosso, critico letterario, appassionato di fiction popolare (dal poliziesco al fumetto, dalla fantascienza a Pippi Calzelunghe, della quale l’eroina di Millennium è nelle intenzioni dell’autore una sorta di replica cresciuta e aggiornata), Larsson è arrivato alla sua grande invenzione romanzesca dopo una ventennale esperienza di giornalista militante. Le inchieste da lui condotte sui collegamenti internazionali e sulle implicazioni terroristiche dell’estrema destra neonazista hanno indotto il ministero della Giustizia svedese ad avvalersi della sua consulenza. Nel 1995 è stato fra i fondatori di «Expo», trimestrale dichiaratamente impegnato contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza. Ha scritto una quantità ingente di articoli e interventi per denunciare l’omofobia, la violenza sulle donne, il ritorno dell’antisemitismo, il revisionismo storico, l’insorgere della islamofobia, analizzando inoltre le proiezioni politiche e istituzionali della nuova destra populista nel contesto svedese. Piccola parte di questa produzione è accessibile in Italia grazie al volume La voce e la furia, pubblicato nel 2012 da Marsilio, l’editore italiano di Larsson. Vi si legge fra l’altro un passo premonitore del 1999: «Le autorità hanno la tendenza a liquidare i terroristi di estrema destra come “pazzi solitari”. […] Sembra esserci una resistenza intrinseca all’idea che i neonazisti parlino sul serio quando minacciano di distruggere la società democratica. La spiegazione è semplice: un “pazzo solitario” è meno preoccupante e più facile da spiegare dell’ipotesi che i neonazisti si dedichino al terrorismo organizzato internazionale». Anders Breivik, lo stragista di Oslo del 2011, prima di uccidere 77 persone fra cui 69 giovani del partito laburista, aveva espresso nel suo sito web opinioni largamente condivise da vari esponenti e gruppi politici in ogni parte di Europa, inclusa l’Italia. Un personaggio che ha concepito l’eccidio nell’ombra di un delirio assolutamente reale. Lo stesso  indagato da Stieg Larsson.

Pasquale Martino 

«La Gazzetta del Mezzogiorno», 4 novembre 2014

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